Dream of wires.

Cose da niente.

Loved to death.

In a while you will feel fine.

There is something which guides the look. It represents a logical development in the simple absurd of these works. Like in a song: a refrain of lace and a surprise ending with some rhythmic and inverted repetitions; everything is put together with high precision, no seams or split seams. Like fallen leaves of a tree, there randomly perfect. Ribbons like tracks of bikes which once passed through to mark the path. Sense notes, little nonsensical windows on a general imbalance.
Combining empty dresses, stopping the movement just beyond the frame, disclosing your own diaries mixing innocent heresies and desires of little mischievous extremities. Does it really take so little to give beauty, though?

A practical and little ecstatic vision of the world, a severe and loving glimpse of a pragmatic as well as magic woman,
full of certain uncertainty. This being subjected to aesthetic damages, this dismay echoing at the bottom of your esophagus, this sharp curiosity that make us say the rosary of Marta Raviglia’s collage, it gives a holy and glorious
burial to the little things of the world.

In her gothic and white frame, on the candid page of her hand, a renovation of purity and taste to the present which is
too often punished by man.

Essential bones, lines, counterpoints of color and sense notes.

Costanza Paternò, musician

Dream of wires.

Cose da niente.

Loved to death.

In a while you will feel fine.

C’è qualcosa che guida lo sguardo. Conduce uno svolgimento logico nel semplice assurdo di queste opere. Come in
una canzone: il ritornello di pizzo e il finale a sorpresa con qualche ripetersi ritmico e capovolto, il tutto assemblato con alta precisione, nessuna cucitura o scucitura. Come foglie di un albero cadute lì, per caso perfette. Nastri come solchi di biciclette che passarono per segnare un percorso. Appunti di senso, piccole insensate finestrelle sul disequilibrio generale. Accostare abiti disabitati, fermare il movimento solo oltre la cornice, svelare i propri diari intersecati tra innocenti eresie e desideri di piccole estremità maliziose. Ma basta così poco per donare bellezza?

Una visione pratica e poco estatica del mondo, uno sguardo severo e amorevole di donna tanto concreta quanto
magica, intrisa di determinata indeterminazione. Questo subire danni estetici, questo sgomento che risuona infondo
all’esofago (sgo), questa curiosità formicolante che ci fa sgranare il rosario dei collage di Marta Raviglia, da santa e
gloriosa sepoltura alle piccole cose del mondo.

Nella sua cornice gotica e bianca, sulla pagina candida della sua mano, un rinnovo di purezza e gusto al presente
troppo spesso punito dall’uomo.

Ossa essenziali, linee, contrappunti di colore e appunti di senso.

Costanza Paternò, musicista